L’E-mail semplice è una prova documentale anche se disconosciuta dal destinatario

Con un recente provvedimento del 18-9-2024 la Cassazione chiarisce se e in quali termini il messaggio di posta elettronica non certificata abbia valore di prova nell’ambito del processo civile.

In un giudizio promosso da una società nei confronti del suo commercialista, nel quale si contestava la responsabilità di quest’ultimo nello svolgimento del suo incarico, il giudici di merito avevano rigettato la richiesta risarcitoria (anche) sulla considerazione del fatto che il professionista aveva inviato comunicazione alla cliente, disconosciuta fin dal primo grado del giudizio.

Per quel che qui interessa, la Cassazione precisa e ribadisce che:

“(a) il messaggio di posta elettronica sottoscritto con firma “semplice” è un documento informatico ai sensi dell’art. 2712c.c.;

(b) se non ne sono contestati la provenienza od il contenuto, forma piena prova dei fatti e delle cose rappresentate;

(c) se ne sono contestati la provenienza od il contenuto, il giudice non può espungere quel documento dal novero delle prove utilizzabili, ma deve valutarlo in una con tutti gli altri elementi disponibili e tenendo

conto delle sue caratteristiche intrinseche di sicurezza, integrità, immodificabilità. (da Cass. n. 14046 del 2024).

La mail semplice è dunque un documento informatico scritto che entra nel processo e che deve essere valutato dal giudice.

La Suprema corte afferma anche che “quanto alla ricezione delle comunicazioni a mezzo mail, si è più volte

affermato che il titolare dell’indirizzo mail ne è responsabile, nel senso che non può limitarsi a negare di aver mai ricevuto la comunicazione, ma deve controllare che la ricezione della posta non sia bloccata e che i messaggi non siano finiti nella spam, rimanendo nella sua responsabilità la mancata conoscenza di un messaggio che gli sia stato regolarmente inviato e del quale non abbia preso conoscenza per il malfunzionamento della sua casella di posta elettronica o perché finito nella spam”.

La sentenza richiama due importanti precedenti: l’ordinanza n. 22012 del 24/07/2023, secondo la quale “un semplice messaggio di posta elettronica, se non accompagnato da una dichiarazione firmata digitalmente, non ha l’efficacia della scrittura privata ai sensi dell’articolo 2702 del Codice civile. Espressioni generiche di consenso o di accettazione di una proposta non integrano un atto scritto ai sensi degli articoli 1350 e 1351 Codice civile”  e la sentenza 14046 del 21/5/2024 secondo cui “l’idoneità del documento informatico a soddisfare il requisito della forma scritta è liberamente valutabile in giudizio, tenuto conto delle sue caratteristiche oggettive di sicurezza, integrità ed immodificabilità”.

Qui il testo integrale del provvedimento: