La sezione V (tributaria) della Corte di Cassazione, con una recentissima ordinanza (n. 11605 del 4 maggio 2021) fa il punto sulla prescrizione in materia di riscossione delle imposte definitivamente accertate.
La Suprema Corte ha ribadito due principi già espressi in precedenti pronunce, spesso non tenuti nella debita considerazione dalle corti di merito.
In primis, si afferma e conferma quanto già statuito dalle Sezioni Unite con la nota sentenza n.23397 del 17/11/2016, secondo cui “la scadenza del termine perentorio stabilito per opporsi o impugnare un atto di riscossione a ruolo produce solo l’effetto della irretrattabilità del credito contributivo ma non la conversione del termine di prescrizione breve in quello ordinario decennale”.
Pertanto, qualora per i relativi crediti sia prevista una prescrizione (sostanziale) più breve di quella ordinaria, la sola scadenza del termine concesso al debitore per l’opposizione, non consente di fare applicazione dell’art. 2953 c.c., tranne che in presenza di un titolo giudiziale divenuto definitivo.
Il secondo aspetto concerne l’effetto interruttivo degli atti di riscossione. In proposito si afferma che gli atti endoprocedimentali di riscossione (come l’iscrizione a ruolo del tributo), in quanto interni e non recettizi, non sono idonei ad interrompere il termine decennale per la riscossione dell’imposta definitivamente accertata ma è necessario un atto, con carattere recettizio, che metta in mora il debitore. La sentenza per esteso è disponibile su questo link